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Pubblicato il 22/03/2022

N. 00351/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01272/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1272 del 2021, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Sparti e Roberto De Petro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli Studi Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso da sé stesso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Anief, in persona del legale rappresentante pro tempore, e sig.ra -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Nicola Zampieri e Walter Miceli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

dell’ordinanza cautelare del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 568/2021, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Palermo;

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2022 il Cons. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

1. L’appellante, dopo aver premesso di essere iscritto al terzo anno del corso di laurea d’infermieristica presso l’Università degli Studi di Palermo e che, al fine di completare gli studi, avrebbe dovuto partecipare al tirocinio formativo all’interno delle strutture sanitarie, espone che ciò gli è stato impedito dall’Università (in quanto non vaccinato contro il virus Sars-CoV-2), con gli atti impugnati in primo grado, con specifico riferimento alla nota, datata 27.4.2021, sottoscritta dal Rettore e dal Direttore Generale, con la quale si è disposto che i tirocini di area medica/sanitaria “ potranno proseguire in presenza all’interno delle strutture sanitarie, a seguito della somministrazione vaccinale anti Covid – 19”.

Con l’appello in epigrafe ha impugnato avanti questo C.G.A.R.S. l’ordinanza del T.A.R. Sicilia che ha respinto la domanda cautelare nel ricorso proposto avverso il provvedimento datato 27 aprile 2021, e gli atti presupposti e conseguenziali.

L’appellante ha dedotto di non potersi sottoporre all’inoculazione del vaccino sia per la natura sperimentale dello stesso, sia perché in passato aveva contratto il virus Sars-CoV-2, per cui ritiene di godere di memoria anticorpale e di immunità naturale perenne, e d’altra parte, ove si sottoponesse all’inoculazione, rischierebbe di morire per A.D.E. (acronimo per Antibody Dependent Enhancement), fenomeno (dettagliatamente descritto nella consulenza tecnica di parte prodotta dal ricorrente) di grave reazione del sistema immunitario, che ha condotto ad un decesso nel Comune Augusta, secondo le risultanze delle indagini penali.

Il Tribunale adito ha respinto la domanda cautelare avendo ritenuto “(…) che, in un’ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi e allo stato dei fatti, appare prevalente l’interesse pubblico a evitare di fare frequentare le strutture sanitarie da soggetti non vaccinati esponendo al rischio di contagio operatori sanitari e pazienti ivi presenti”.

2. Con il ricorso in appello si è lamentata l’erroneità dell’ordinanza, avuto riguardo ai vizi rilevati nell’atto introduttivo:

– carenza assoluta di potere in capo al Rettore, che non potrebbe introdurre limitazioni al diritto allo studio e trattamenti di dati vaccinali non previsti da alcuna norma di legge;

– violazione del considerando n. 36 del regolamento UE 953-2021 e dell’art. 1, comma 6, del d.l. n. 111 del 6.8.2021 (la cd. certificazione verde si ottiene non solo in seguito ad avvenuta vaccinazione, ma anche in virtù di certificazione medica, laddove si sia già contratto il Covid, come nel caso del ricorrente, o di tampone);

– violazione dell’art. 4 d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), dal quale non discenderebbe alcun obbligo vaccinale per gli studenti universitari;

– erroneità dell’ordinanza nella parte in cui si adduce che un soggetto non vaccinato esporrebbe operatori sanitari e pazienti al rischio di contagio;

– la terapia genica sperimentale in corso di somministrazione è basata sulla proteina-S degli “spike” del ceppo virale originario di Wuhan, che ormai non sarebbe più in circolazione, avendo il coronavirus subito decine di migliaia di mutazioni;

– non potrebbe esservi obbligo vaccinale avente ad oggetto farmaci sperimentali, tali essendo i sieri in questione, sottoposti a farmacovigilanza (passiva e non attiva), per i quali viene demandato al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di fornire la relazione finale sugli studi clinici;

– non sarebbe possibile nel nostro ordinamento porre un obbligo vaccinale basato su farmaci sperimentali, ostando a ciò il regolamento UE 2014, artt. 28 e segg., e l’art. 32 ultimo comma Cost., il quale vieta trattamenti contrari alla dignità umana;

– nell’VIII rapporto dell’AIFA, sono stati segnalati eventi avversi gravi in oltre il 13% dei casi; inoltre, il database europeo “Eudravigilance”, basato esclusivamente sulla vigilanza passiva, annovera ben 23 mila morti e oltre 2 milioni di eventi avversi;

– infatti nella seduta del Parlamento europeo n. B9-0475/2021 del giorno 23.9.2021 è stata proposta l’istituzione di un «Fondo europeo di risarcimento per le vittime dei “vaccini contro la COVID-19″»;

– le cifre afferenti a morte ed eventi avversi causati dai vaccini sarebbero ampiamente sottostimate a causa del fatto che la farmacovigilanza passiva si basa su segnalazioni spontanee;

– il cospicuo numero di deceduti e gravi invalidi in seguito alla somministrazione dei farmaci sperimentali in questione (ad es. nel Regno Unito la mortalità dei giovani nel 2021 sarebbe aumentata del 47% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, specie per miocarditi) escluderebbe la configurabilità di un “obbligo vaccinale” ex art. 32 Cost.;

– laddove si ritenga, quindi, applicabile agli studenti l’obbligo di vaccinazione, ne conseguirebbe l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 d.l. n. 44/2021 sia per la violazione dell’art. 117 Cost., e cioè per il mancato rispetto del Trattato di Norimberga sul libero consenso alle sperimentazioni, sia per la violazione dell’art. 3 Cost.;

– contrariamente a quanto affermato nelle difese dell’Università, sussisterebbe il pregiudizio irreparabile per il diritto allo studio perché l’appellante ha sostenuto tutti gli altri esami ed esaurito le lezioni da seguire;

– l’appellante ripropone i motivi di ricorso non esaminati in primo grado (invalidità derivata per illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza; illegittimità della proroga dello stato di emergenza contenuta nell’art. 1 del d.l. 23.7.2021 n. 105; sovrastima dei decessi dovuti al Covid-19, come evincibile anche dal rapporto dell’ISS aggiornato al 19.10.2021, in quanto viene imputato al Covid ogni decesso avvenuto in «assenza di una chiara causa di morte diversa dal Covid-19» e «ai fini della valutazione di questo criterio, non sono da considerarsi cause di morte diverse dal Covid le patologie preesistenti tra cui tumore, patologie cardiovascolari, diabete»);

– invoca il principio di primazia del diritto eurounitario con riferimento, tra l’altro, al consenso informato e al trattamento dei dati personali.

3. Con una prima memoria l’appellante ha ribadito l’inesigibilità nei propri riguardi dell’obbligo di vaccinazione, attesa l’immunità naturale ottenuta per effetto della guarigione.

Ha evidenziato, poi, il continuo incremento di morti e colpiti da eventi avversi, siccome registrati nel database “Eudravigilance”, evidente anche in Italia, nonostante i limiti della sorveglianza passiva.

Ha insistito nell’eccezione d’illegittimità costituzionale delle norme per come sollevata nell’appello cautelare e alla luce di ulteriori considerazioni svolte in memoria.

4. Questo Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza collegiale istruttoria n. 38 del 2022 del 17 gennaio 2022, ritenuta la sussistenza dell’obbligo vaccinale per l’appellante (dovendosi ascrivere gli studenti universitari ed i tirocinanti all’interno della categoria dei soggetti sottoposti a tale prescrizione ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 44/2021), premessi alcuni cenni sul quadro giurisprudenziale in materia di obbligo vaccinale, ha disposto approfondimenti istruttori, affidati ad un collegio composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio Superiore della Sanità operante presso il Ministero della Salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria, con facoltà di delega.

5. In data 11 febbraio 2022 l’avvocato -OMISSIS-ha depositato atto di intervento in giudizio ad adiuvandum.

6. In data 25 febbraio 2022 l’Organo incaricato dell’istruttoria ha depositato una relazione, corredata da documentazione illustrativa, rendendo i chiarimenti richiesti con l’ordinanza istruttoria n. 38/2022.

7. In data 11 marzo 2022 hanno depositato atto di intervento ad adiuvandum l’Associazione Professionale e Sindacale (in sigla ANIEF) e la sig.ra -OMISSIS-.

In pari data si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Palermo intimata.

8. Tutte le parti in giudizio, in seguito al deposito istruttorio, hanno prodotto memorie e documentazione a supporto delle tesi ivi argomentate.

L’appellante ha altresì prodotto due consulenze tecniche di parte, volte, tra l’altro, a contestare i dati e le prospettazioni contenuti nella relazione istruttoria.

L’Università degli Studi di Palermo ha eccepito l’inammissibilità dell’azione proposta, sia per violazione dell’art. 41 comma 2 c.p.a. – non essendo stato il ricorso originario notificato ad “almeno uno dei controinteressati”- che per carenza dell’interesse a ricorrere, non essendo l’annullamento giurisdizionale dell’atto impugnato (prot. n. 44582 del 27.04.2021) in grado di arrecare alcun vantaggio all’interesse sostanziale del ricorrente, dichiarato inidoneo allo svolgimento delle proprie mansioni dal Medico Competente ai sensi dell’art. 41 d.lgs. n. 81/2008, con atto (asseritamente) non impugnato.

Nel merito, ha evidenziato l’infondatezza delle argomentazioni svolte dall’appellante in quanto “incentrate su assiomi personalistici e sostanzialmente indimostrati, specie alla luce dei dati oggettivi emersi in sede istruttoria”.

Il provvedimento impugnato, in ogni caso, sarebbe meramente esecutorio delle disposizioni di legge emergenziali, rispetto alla quale non residuerebbero spazi di discrezionalità dell’Amministrazione nella sua declinazione “periferica”.

9. All’udienza camerale del 16 marzo 2022, previo avviso alle parti ex art. 73 comma 3 c.p.a. circa la sussistenza di profili di inammissibilità degli atti di intervento, sono stati richiesti alcuni chiarimenti all’Organo incaricato dell’istruttoria (intervenuto mediante delega al dr Giovanni Leonardi ed al prof. Franco Locatelli), resi oralmente; quindi, le parti hanno discusso la causa che è stata trattenuta in decisione.

10. Sulla già dichiarata inammissibilità degli interventi ad adiuvandum

Con separata ordinanza cautelare (n.117/2022) il Collegio ha dichiarato l’inammissibilità degli atti di intervento ad adiuvandum (per le ragioni ivi esposte) e riservato ogni determinazione sulla richiesta di sospensione all’esito dell’incidente di costituzionalità che viene sollevato con il presente provvedimento.

11. Questioni di rito.

11.1. Le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Difesa Erariale sono, ad avviso del Collegio, infondate.

11.2. Quanto al primo profilo, in considerazione del fatto che, alla stregua degli indici pacifici in giurisprudenza (tra le più recenti Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 21 ottobre 2021, n. 891), nel giudizio amministrativo per controinteressato s’intende il soggetto, contemplato o individuabile nell’atto impugnato, che abbia un interesse sostanziale antitetico a quello del ricorrente.

Nel caso in questione, dalla lettura della nota del 27 aprile 2021 impugnata non si evince alcuna indicazione di una precisa azienda sanitaria ospedaliera ove l’appellante (che non consta avesse mai iniziato il tirocinio formativo) fosse stato avviato, né si evince, dagli atti di causa, nell’ambito di quali strutture ospedaliere gli studenti fossero ripartiti.

11.3. Quanto al secondo profilo, contrariamente a quanto si assume da parte dell’Università degli Studi di Palermo, l’appellante ha comprovato (cfr. allegato 015 all’appello) di avere impugnato il giudizio di inidoneità, ex art. 41 comma 9 d.lgs. n. 81/2008, ottenendone la riforma, giusto provvedimento n. 1230 del 24 giugno 2021 del Dipartimento di Prevenzione presso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo.

12. Il quadro normativo.

12.1. Alla data (27.4.2021) di adozione del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era vigente la formulazione originaria dell’art. 4 del d.l. n. 44/2021, che, nel testo precedente le modifiche apportate dalla legge di conversione 28 maggio 2021, n. 76, così stabiliva:

<1. In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano.

2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita. (omissis)>.

12.2. La legge di conversione del d.l. n. 44/2021 (l. 28 maggio 2021, n. 76) modificava il comma 1 dell’art. 4 individuando quali operatori di interesse sanitario quelli di cui all’art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, a mente del quale <sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione>.

12.3. L’art. 1, comma 1, lett. b) 4 del d.l. 26 novembre 2021 n. 172, poi, sostituiva l’art. 4 del d.l. n. 44/2021.

Al comma 1 veniva precisato che la vaccinazione gratuita obbligatoria dovesse intendersi comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute

Il comma 2 dell’art. 4 veniva così riformulato:

<2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2, non sussiste l’obbligo di cui al comma 1 e la vaccinazione può essere omessa o differita>.

12.4. In sede di conversione del d.l. 172/2021 (con la legge del 21 gennaio 2022 n.3), infine, è stato approvato un emendamento che ha aggiunto all’art. 4 comma 1 del d.l. n. 44/2021 il comma 1-bis che stabilisce: <l’obbligo di cui al comma 1 è esteso, a decorrere dal 15 febbraio 2022, anche agli studenti dei corsi di laurea impegnati nello svolgimento dei tirocini pratico-valutativi finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’esercizio delle professioni sanitarie. La violazione dell’obbligo di cui al primo periodo determina l’impossibilità di accedere alle strutture ove si svolgono i tirocini pratico-valutativi. I responsabili delle strutture di cui al secondo periodo sono tenuti a verificare il rispetto delle disposizioni di cui al presente comma secondo modalità a campione individuate dalle istituzioni di appartenenza>.

12.5. Quanto al cd. consenso informato, la disciplina generale è contenuta nella l. 22 dicembre 2017, n. 219, la quale, all’art.1 stabilisce che <nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’auto-determinazione della persona> < nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge>.

All’affermazione di tali principi è poi correlato il contenuto del comma quinto dell’art.1, a mente del quale ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario.

Quanto alla vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, la previsione della sottoscrizione del modulo di consenso è stata aggiornata con nota prot. n. 12238-25/03/2021-DGPRE e successiva 0012469-28/03/2021-DGPRE-DGPRE-P della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria .

L’art. 5 del d.l. n. 44/2021, poi, ha regolato la manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci.

13. Cenni sui principali orientamenti giurisprudenziali.

In ordine alle problematiche sollevate dall’obbligo vaccinale in questione si sono registrati numerosi pronunciamenti giurisdizionali, in fasi cautelari o di merito, tra i quali si possono ricordare:

– le decisioni del Consiglio di Stato, sezione III, 20 ottobre 2021, n. 7045 nonché 28 febbraio 2022 n. 1381 (oltre a numerose pronunce in sede cautelare), che hanno ampiamente ricostruito le principali tematiche che vengono in rilievo nella materia in questione (sulle quali si veda infra, nel prosieguo dell’esposizione);

– la decisione del Tar Lombardia, sezione prima, che con ordinanza cautelare n. 192/2022 del 14.2.2022 ha preannunciato l’incidente di costituzionalità dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 44/2021, nel testo attualmente vigente, nella parte in cui prevede, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie;

– l’ordinanza del Tribunale del lavoro di Padova del 7 dicembre 2021, di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con riferimento alla compatibilità con il regolamento numero 953/2021 e i principi di proporzionalità e non discriminazione dell’obbligo vaccinale anti–Covid a carico del personale sanitario, avuto riguardo, tra l’altro, al dubbio circa la perdurante validità delle autorizzazioni condizionate relative ai vaccini, ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 507 del 2006, una volta approvate cure alternative per l’infezione da virus SAR-Cov-2, nonché circa la legittimità dell’obbligo vaccinale a carico dei sanitari già contagiati, che abbiano perciò raggiunto una immunizzazione naturale, o che si oppongano all’obbligo vaccinale in relazione alle controindicazioni.

14. Circa la rilevanza della questione.

14.1. Il Collegio ritiene che i profili di ricorso volti a sostenere, a vario titolo, l’inapplicabilità agli studenti tirocinanti dell’obbligo vaccinale introdotto dall’art. 4 del d.l. n. 44/2021 siano infondati, avuto riguardo sia all’ampiezza della previsione (riferita alla categoria degli operatori sanitari destinatari dell’obbligo vaccinale) della normativa (sopra richiamata) applicabile ratione temporis, alla data di adozione dell’atto impugnato, sia alla ratio della stessa, che è evidentemente quella di proteggere la salute di chi frequenta i luoghi di cura, in particolare dei pazienti, che spesso si trovano in condizione di fragilità e sono esposti a gravi pericoli di contagio.

A tale conclusione il Collegio perviene:

– in aderenza ai principi espressi dalla decisione del Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045, secondo la quale la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del d.l. n. 44/2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il principio di solidarietà (art. 2 Costituzione), e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili, che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza;

– in coerenza con le previsioni di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 81/2008 (integrato e modificato dal d.lgs. n. 106/2009), in materia di igiene e sicurezza del lavoro, che qualifica “lavoratore” la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, inclusi i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento, gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari ed i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici.

Pertanto, ad avviso del Collegio, l’art. 4 del d.l. n. 44/2021, laddove prevede l’obbligo vaccinale per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario”, deve interpretarsi nel senso di includere i tirocinanti che, nell’ambito del percorso formativo, vengano a contatto con l’utenza in ambito sanitario, ricorrendo le medesime ragioni di tutela dei pazienti.

14.2. Il provvedimento dell’Ufficio di Gabinetto del Rettore dell’Università degli studi di Palermo prot. n. 44582 del 27 aprile 2021 impugnato è stato adottato nel vigore dell’originaria formulazione dell’art. 4 del d.l. n. 44/2021, sicché, alla stregua dell’interpretazione prospettata, il provvedimento impugnato risultava legittimo, senza che a tale conclusione ostino le sopravvenienze normative (sopra richiamate) che hanno, di volta in volta, riformulato la disposizione, fino a pervenire all’attuale testo, dalla cui lettura sembrerebbe desumersi che il legislatore abbia inteso introdurre l’obbligo vaccinale per gli studenti tirocinanti solo in sede di conversione del d.l. n. 172/2021.

Tale interpretazione, in realtà, non era enucleabile dal testo originario della norma.

L’atto, quindi, era in origine rispondente alla formazione regolatrice della fattispecie; né la normativa sopravvenuta all’emanazione del provvedimento può ritenersi aver inciso sulla sua validità, in conformità al principio generale secondo il quale la legittimità di un provvedimento deve essere apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio tempus regit actum, con conseguente irrilevanza delle sopravvenienze normative, salvo l’esercizio del potere di autotutela al fine della rimozione degli effetti del provvedimento conforme alla normativa dettata illo tempore ma difforme dalla normativa sopravvenuta; autotutela, nella specie, non esercitata.

Di guisa che il provvedimento impugnato in primo grado, legittimo al momento dell’emanazione, sarebbe divenuto, in teoria, affetto da “illegittimità sopravvenuta” nell’ambito di un arco temporale comunque ormai consumatosi, posto che, in ogni caso, dal 15 febbraio risulta esplicitamente introdotto l’obbligo vaccinale per i tirocinanti.

Ma tale “illegittimità sopravvenuta”, peraltro ormai venuta meno, non potrebbe certamente determinare l’annullamento del provvedimento, con tutte le conseguenze correlate, anche in termini risarcitori.

Ad avviso del Collegio, la corretta esegesi della norma all’epoca vigente non poteva che condurre all’applicazione dell’obbligo vaccinale anche ai tirocinanti.

Indubbiamente si è consapevoli della delicatezza di una interpretazione secundum ratio in materia di trattamento sanitario obbligatorio.

Ma, ove si ritenesse diversamente, dovrebbe apprezzarsi la non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale (in relazione agli artt. 3 e 32 della Carta) del complesso normativo, ove diversamente interpretato, in quanto, a fronte della ratio di protezione dei soggetti fragili in ambito ospedaliero, avrebbe irrazionalmente esentato dalla vaccinazione obbligatoria, fino al 15 febbraio 2022, una categoria di soggetti (studenti tirocinanti) destinati ad operare a stretto contatto con l’utenza, in situazione del tutto analoga ai medici e agli altri operatori sanitari, rischiando di compromettere, senza alcuna apprezzabile ragione, le esigenze di tutela che hanno determinato l’introduzione dell’obbligo vaccinale.

14.3. Una volta che i tirocinanti erano soggetti all’obbligo in questione, viene smentita la dedotta incompetenza dell’Amministrazione, in quanto l’atto impugnato non ha introdotto ex novo un obbligo vaccinale ma ha dato una corretta interpretazione della normativa in materia.

14.4. Come già rilevato con l’ordinanza di questo Consiglio n. 38/2022, allo stato normativo attuale l’obbligo vaccinale non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche e documentate condizioni cliniche, attestate nel rispetto di quanto disposto dalle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2 (su cui v. infra). Tuttavia, dalla documentazione in atti non si evince tale condizione in capo all’appellante; quanto all’immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica da parte del medico curante, la stessa determina il differimento della vaccinazione alla prima data utile prevista dalle circolari del Ministero della salute, e dalla documentazione in atti risulta il superamento di tale periodo, sicché l’appellante dovrebbe sottoporsi alla vaccinazione.

Motivo per cui vengono in rilievo le subordinate questioni di costituzionalità della normativa in materia di obbligo vaccinale Sars-Cov-2 sollevate dall’appellante.

15. Le doglianze dell’appellante.

15.1. Nel corso del giudizio, e anche in esito alle risultanze istruttorie, le argomentazioni di parte appellante si sono focalizzate sulla pretesa illegittimità del complesso normativo che ha introdotto l’obbligo vaccinale, con riferimento, da un canto, alla specifica situazione dei soggetti che abbiano contratto in precedenza il virus, e comunque in relazione alla lamentata pericolosità dei vaccini attualmente utilizzati in Italia.

15.2. Alle risultanze istruttorie (sulle quali ci si soffermerà infra) parte ricorrente ha opposto una serie di eccezioni, compendiate nelle consulenze tecniche depositate in vista dell’udienza camerale.

In estrema sintesi, gli studiosi incaricati dall’appellante, dopo aver ricordato che i vaccini disponibili per fronteggiare il virus SARS-Cov-2 appartengono a tre tipologie (tipo tradizionale, a virus inattivato; vaccini proteici; vaccini basati sull’utilizzo di DNA o RNA), si sono soffermati sulla terza tipologia di farmaci, per la prima volta somministrati su larga scala, il cui meccanismo, differente dai vaccini convenzionali (e che ne dovrebbe determinare, a loro avviso, l’ascrizione alla categoria delle terapie geniche, come definite al punto 2.1 All.I, p.IV, della direttiva 2001/83/CE), prevede la liberazione nei tessuti e negli organi di principi attivi che inducono le relative cellule a produrre la proteina virale che sarà poi riconosciuta dal sistema immunitario, innescando i processi di produzione di anticorpi.

Gli studiosi incaricati dall’appellante adducono che:

– il tempo medio di sviluppo di tali vaccini va dai sette ai nove anni; l’emergenza pandemica ha imposto di accelerare le tempistiche di sviluppo, allargando il campione dei soggetti trattati e sovrapponendo parzialmente le varie fasi di studio, ma, innegabilmente, è impossibile conoscere gli effetti a medio-lungo periodo;

– pur ammettendo che “i vaccini proteggono il soggetto immunizzato dalle conseguenze più gravi dell’infezione”, i Consulenti obiettano che gli stessi non fermano la diffusione del virus;

– sebbene i vaccinati “abbiano mostrato una minore propensione ad infettarsi”, la propensione ad infettare gli altri risulterebbe simile tra vaccinati e non;

– “numerosi studi internazionali segnalano un incremento della mortalità generale nel periodo post-vaccinazione”, inspiegabile in presenza delle misure protettive introdotte nel 2021 e considerato il cd. “effetto mietitura” a carico dei più anziani e fragili nell’arco dell’anno 2020, e dati anomali relativamente alla mortalità in paesi con alti tassi di vaccinazione;

– il data base europeo Eudravigilance evidenzia, al febbraio 2022, un numero notevole di eventi gravi e mortali, “mai visto prima con altri vaccini”, peraltro verosimilmente sottostimato, sia per la scarsa efficacia della farmacovigilanza spontanea, sia perché la correlazione viene sistematicamente esclusa in presenza di altre patologie; fenomeno aggravato, per quanto attiene alle segnalazioni provenienti dall’Italia, anche in relazione alla raccomandazione di cui alla nota AIFA del 9 febbraio 2021;

– di seguito, i Consulenti di parte appellante offrono una loro interpretazione circa le ragioni per le quali si verificano i segnalati effetti avversi di infiammazione locale sistemica, aggregazione delle piastrine, trombosi, risposta iper-infiammatoria, complicanze cardiovascolari, tutti fenomeni che sarebbero strettamente dipendenti dai meccanismi di funzionamento dei vaccini a mRNA; evidenziano il rischio di effetti genotossici e di patogenicità della proteina Spike, non approfonditi, come si evincerebbe anche dall’esame della scheda del vaccino Pfizer, ove viene precisato che non sono stati effettuati studi di genotossicità e cancerogenicità, perché non richiesti dalle linee guida WHO, osservandosi che, però, l’esenzione era stata prevista per i vaccini a formulazione classica, per i quali si prevedono al più un paio di somministrazioni nell’arco della vita, mentre nel caso in questione sono previste somministrazioni ripetute, in tempi ravvicinati e per periodi al momento indefiniti, amplificando il rischio in virtù dell’effetto di accumulo;

– viene contestata la mancata previsione di screening sui vaccinandi, in relazione alle potenziali fonti di rischio, tra le quali una concomitante infezione Covid-19, nonostante il caso di un militare deceduto, poche ore dopo la vaccinazione, per ADE (acronimo di antibody dependent enhancement), come dimostrato in sede di autopsia;

– viene contestata l’attendibilità del sistema di farmacovigilanza, nelle attuali circostanze, considerato che, nel caso di nuove tecnologie, è essenziale identificare fenomeni patofisiologici attivati dal farmaco; le segnalazioni vengono eseguite solo in presenza di un ragionevole sospetto della correlazione con la somministrazione del vaccino, mentre andrebbero fatte in ogni caso, demandando ad una commissione di esperti multidisciplinare l’accertamento del nesso causale;

– dal terzo rapporto AIFA si evince che, nell’ambito dell’attuale vaccinovigilanza, si utilizza un algoritmo costruito e validato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che tiene conto della relazione temporale tra vaccinazione ed evento; dalla lettura del rapporto si ricava che si perviene all’esclusione di responsabilità dei vaccini nell’ipotesi di decessi di soggetti con patologie pregresse quali malattie cardiovascolari, oncologiche, respiratorie, che, però, osservano i Consulenti, costituiscono la maggior parte delle malattie umane nei Paesi occidentali; inoltre, risulterebbe, a loro avviso, arbitrario il criterio di esclusione dal calcolo dei decessi avvenuti successivamente ai 14 giorni dall’avvenuta vaccinazione.

Per questa ed altre ragioni che, per esigenze di sintesi, non vengono qui riportate, la parte conclude nel senso dell’illegittimità, in rapporto al parametro costituzionale, dell’imposizione dell’obbligo vaccinale, specie per i soggetti che, come l’appellante, abbiano già contratto il virus.

16. Il parametro di legittimità costituzionale.

16.1. La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di vaccinazioni obbligatorie è salda nell’affermare che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute della singola persona (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e con l’interesse della collettività.

In particolare, la Corte ha precisato che – ferma la necessità che l’obbligo vaccinale sia imposto con legge – la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. alle seguenti condizioni:

– se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;

– se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;

– e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (Corte cost., sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).

In particolare, come affermato dalla sentenza 22 giugno 1990, n. 307, la costituzionalità degli interventi normativi che dispongano l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari (nel caso di specie si trattava del vaccino antipolio) risulta subordinata al rispetto dei seguenti requisiti:

<il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale.

……. un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili.

Con riferimento, invece, all’ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – (…) – il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri>.

E qualora il rischio si avveri, in favore del soggetto passivo del trattamento deve essere <assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito>.

Inoltre, le concrete forme di attuazione della legge impositiva di un trattamento sanitario o di esecuzione materiale del detto trattamento devono essere <accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura. E fra queste va ricompresa la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (.), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>.

Come affermato con la decisione 18 gennaio 2018 n. 5, il contemperamento di questi molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017) <e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante della Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)>.

A tal riguardo, si precisa ancora nella decisione n. 5/2018, i vaccini, al pari di ogni altro farmaco, sono sottoposti al vigente sistema di farmacovigilanza che fa capo principalmente all’Autorità italiana per il farmaco (AIFA) e poiché, sebbene in casi rari, anche in ragione delle condizioni di ciascun individuo, la somministrazione può determinare conseguenze negative, l’ordinamento reputa essenziale garantire un indennizzo per tali singoli casi, senza che rilevi a quale titolo – obbligo o raccomandazione – la vaccinazione è stata somministrata (come affermato ancora di recente nella sentenza n. 268 del 2017, in relazione a quella anti-influenzale); dunque <sul piano del diritto all’indennizzo le vaccinazioni raccomandate e quelle obbligatorie non subiscono differenze: si veda, da ultimo la sentenza n. 268 del 2017>.

Si vedano in proposito le sentenze 26 febbraio 1998 n. 27 e 23 giugno 2020 n. 118, sempre in tema di diritto all’indennizzo.

16.2. Ai fini della valutazione circa la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate dalla parte appellante occorre, quindi, esaminare partitamente i vari profili coinvolti nella regolamentazione dell’obbligo vaccinale (nel caso specifico, relativamente al personale sanitario), anche alla luce delle risultanze dell’istruttoria, dei chiarimenti resi dall’Organo incaricato in sede di udienza camerale, della documentazione allegata alla relazione istruttoria e di quella non allegata ma alla quale la relazione ha fatto riferimento.

17. Il giudizio di non manifesta infondatezza.

17.1. Attualmente si stima che il virus Sars-Cov-2 abbia prodotto, solo in Italia, oltre 157.000 morti.

A tale riguardo, parte appellante lamenta l’asimmetria tra la metodologia di conteggio dei decessi, che vengono imputati al Covid-19 quand’anche il paziente soffrisse di altre patologie, e quella relativa al conteggio di eventi fatali in conseguenza della vaccinazione obbligatoria, la cui riconducibilità a quest’ultima viene esclusa in presenza di altre patologie.

Tralasciando, per un momento, la questione degli eventi avversi da vaccinazione, ad avviso del Collegio non è irrazionale il criterio di imputazione al virus anche dei decessi di soggetti “fragili”, affetti, ad esempio, da patologie cardiovascolari, obesità, patologie oncologiche e respiratorie, tutte condizioni cliniche piuttosto diffuse nelle cd. società del benessere, che (in linea del tutto generale) vengono mantenute sotto controllo dalle opportune terapie farmacologiche, non precludendo significativamente un’adeguata aspettativa di vita, sicché il virus appare effettivamente ad interporsi quale evento scatenante una compromissione delle funzioni vitali che altrimenti sarebbero rimaste in equilibrio.

Il dato ufficiale relativo alla mortalità non può quindi, ad avviso del Collegio, essere seriamente contestato, e deve essere tenuto presente allorquando si contesta, in radice, la stessa introduzione dell’obbligo vaccinale.

La necessità di fronteggiare un fenomeno pandemico di proporzioni drammatiche, tale da travolgere i sistemi sanitari e sociali dei Paesi coinvolti nelle varie “ondate”, ha spinto la comunità scientifica a sforzi titanici nella ricerca.

Molte decine di migliaia di persone si sono rese disponibili per partecipare alle sperimentazioni del vaccino COVID-19 già nel 2020 e sono stati compiuti sforzi finanziari inediti.

I vaccini non hanno omesso alcuna delle tradizionali fasi di sperimentazione; ma, data l’impellenza della situazione pandemica, dette fasi sono state condotte in parallelo, in sovrapposizione parziale, il che ha consentito di accelerare l’immissione in commercio dei farmaci, i quali, comunque, hanno ottenuto un’autorizzazione provvisoria proprio in relazione alla inevitabile assenza di dati sugli effetti a medio e lungo termine.

In proposito, la disciplina generale del procedimento di autorizzazione al commercio di farmaci in Europa e delle autorizzazioni, che vengono rilasciate dopo il normale periodo di sperimentazione, si rinviene nel regolamento numero 726 del 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 (che ha istituito procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, nonché l’agenzia europea per i medicinali).

Il regolamento (CE) numero 507 della Commissione del 29 marzo 2006 ha invece disciplinato l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano, che consente, appunto, lo svolgimento in parallelo, anziché in sequenza, delle fasi di sperimentazione clinica, accelerando, quindi, la normale tempistica di svolgimento delle sperimentazioni.

I farmaci commercializzati in virtù di tale seconda tipologia di autorizzazioni non sono preparati “sperimentali”: sebbene si tratti di vaccini immessi sul mercato in tempi molto più rapidi (rispetto, ad esempio, i 28 anni per la commercializzazione del vaccino per la varicella e i 15 relativi a quello sul papillomavirus), la innovativa tecnica a mRna non costituisce in assoluto una novità, perché da tempo sperimentata dopo l’avvio della ricerca nell’ambito di un efficace approccio alla cura dei tumori; anche gli altri due vaccini (Vaxzevria di AstraZeneca e Johnson&Johnson) sfruttano una tecnologia di più recente introduzione, sperimentata in relazione al grave virus Ebola. In entrambi i casi si tratta di tecnologie destinate ad avere un sempre maggiore impiego, in relazione alla particolare efficacia.

Inevitabilmente, il profilo di rischio a medio e lungo termine è sconosciuto, cosa che, peraltro, è connaturata ad una infinità di preparati, dato che la ricerca scientifica consente l’aggiornamento costante dei farmaci disponibili, i cui effetti vengono verificati in un arco di tempo comunque “finito”.

Come sottolineato nella relazione trasmessa a seguito dell’ordinanza istruttoria n. 38/2022, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata è lo strumento che permette alle autorità regolatori e di approvare un farmaco rapidamente e in modo pragmatico in presenza di una necessità urgente, garantendo, comunque, che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi standard UE quanto a sicurezza, efficacia e qualità, ma senza considerare concluso il processo di valutazione al momento dell’immissione in commercio, in quanto si consente agli sviluppatori di presentare dati supplementari sul vaccino anche successivamente.

Sotto altro profilo, non è seriamente dubitabile la serietà e gravità della patologia da Covid-19: se è vero che nelle forme lievi il sistema immunitario del paziente riesce a controllare la malattia, nelle forme severe si riscontra un’eccessiva risposta immunitaria che può portare alla morte del paziente o a danni irreversibili agli organi; molti sopravvissuti devono affrontare problemi di salute anche gravi a lungo termine, con compromissione delle aspettative e della qualità della vita, generando un carico aggiuntivo sui sistemi sanitari.

La validità dell’approccio vaccinale, sebbene introdotto in una fase emergenziale, pare mantenere la propria legittimità (o meglio, necessità) anche nell’attuale fase, nonostante l’intervenuta approvazione di alcuni farmaci che consentono la terapia dei soggetti contagiati; il problema è che l’efficacia di quasi tutte le terapie in questione dipende dalla tempestività nella somministrazione, cosa che risulta piuttosto difficile, considerato l’esordio della patologia da SARS-COV-2 (che perlopiù presenta una sintomatologia simil-influenzale) e la durata del cd. periodo finestra (allorquando il test presenta un risultato falso-negativo). Per cui è arduo intercettare un ammalato entro la stringente tempistica raccomandata dai produttori.

17.2. In relazione alle argomentazioni sviluppate dall’appellante (la vaccinazione sarebbe inutile, non impedendo al vaccinato di contagiarsi e contagiare), viene in rilievo la richiamata decisione del Consiglio di Stato n. 7045/2021, che ha ritenuto legittimo l’obbligo vaccinale contro il virus Sars-CoV-2 per il personale sanitario, escludendo (in esito ad ampio e complesso percorso argomentativo), tra l’altro, che i vaccini non abbiano efficacia; la richiamata decisione ha ricordato che “la posizione della comunità scientifica internazionale, alla luce delle ricerche più recenti, è nel senso che la fase di eliminazione virale nasofaringea, nel gruppo dei vaccinati, è tanto breve da apparire quasi impercettibile, con sostanziale esclusione di qualsivoglia patogenicità nei vaccinati”…..

Questo Consiglio, nella precedente ordinanza n. 38/2022, ha ricordato come, in applicazione del principio costituzionale di solidarietà, il Consiglio di Stato abbia affermato che, in fase emergenziale, di fronte al bisogno pressante, drammatico, indifferibile di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione, che trova applicazione anche in ambito sanitario, opera in modo inverso rispetto all’ordinario e, per così dire, controintuitivo, perché richiede al decisore pubblico di consentire o, addirittura, imporre l’utilizzo di terapie che, pur sulla base di dati non completi (come è nella procedura di autorizzazione condizionata, che però ha seguito le quattro fasi della sperimentazione richieste dalla procedura di autorizzazione), assicurino più benefici che rischi, in quanto il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l’utilizzo di quel farmaco (in termini, decisione n. 7045/2021 cit.).

17.3. Più di recente, con la decisione n. 1381 del 28 febbraio 2022, la Sezione ha sottolineato come i monitoraggi dell’AIFA e dell’ISS abbiano evidenziato l’elevata efficacia vaccinale nel prevenire l’ospedalizzazione, il ricovero in terapia intensiva e il decesso; sicché, l’argomento della scarsa incidenza della vaccinazione nel contrastare la trasmissibilità del virus – tratto dalla constatazione che soggetti vaccinati sono in grado di infettarsi e infettare- è inidoneo a scardinare la razionalità complessiva della campagna di vaccinazione, concepita, certo, con l’obiettivo di conseguire una rarefazione dei contagi e della circolazione del virus, ma anche allo scopo di evitare l’ingravescente della patologia verso forme severe che necessitano di ricovero in ospedale, obiettivo tuttora conseguito dal sistema preventivo in atto, il quale si avvantaggia, proprio grazie alla maggiore estensione della platea dei vaccinati, di una minore pressione sulle strutture di ricovero e di terapia intensiva.

17.4. Tale ragionamento viene condiviso dal Collegio: sebbene empiricamente si debba riconoscere che, in presenza di nuove varianti, la vaccinazione non appaia garantire l’immunità da contagio, sicché gli stessi vaccinati possono contagiarsi e, a loro volta, contagiare, la stessa a tutt’oggi risulta efficace nel contenere decessi ed ospedalizzazioni, proteggendo le persone dalle conseguenze gravi della malattia, con un conseguente duplice beneficio: per il singolo vaccinato, il quale evita lo sviluppo di patologie gravi; per il sistema sanitario, a carico del quale viene allentata la pressione.

Vale la pena di riportare i dati che emergono dalla relazione trasmessa dall’Organo incaricato dell’istruttoria, in risposta a specifico quesito di questo Consiglio:

<Come risulta dal “Report Esteso ISS” sul Covid-19 del 9/02/2021………il tasso di ospedalizzazione standardizzato per età relativo alla popolazione di età ≥ 12 anni nel periodo 24/12/2021-23/01/2022 per i non vaccinati …….. risulta circa sei volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da ≤ 120 giorni …….. e circa dieci volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster ……., con prevalenza nello stesso periodo della variante Omicron stimata al 99,1%.

Il tasso di ricoveri in terapia intensiva standardizzato per età, relativo alla popolazione di età ≥ 12 anni, nel periodo 24/12/2021-23/01/2022 per i non vaccinati …… risulta circa dodici volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da ≤ 120 giorni ……. e circa venticinque volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster ……

Il tasso di mortalità standardizzato per età, relativo alla popolazione di età ≥ 12 anni, nel periodo 17/12/2021-16/01/2022, per i non vaccinati ………. risulta circa nove volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da ≤ 120 giorni ……… e circa ventitré volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster …..>.

Con conseguente conferma dell’efficacia del vaccino nel ridurre la percentuale del rischio, quanto meno, ai fini della prevenzione dei casi di malattia severa e del decorso fatale.

In tale ottica, il ragionamento dell’appellante (secondo il quale sarebbe ingiusto sottoporre soggetti in età giovanile al rischio degli effetti collaterali da vaccinazione, a fronte di un rischio di conseguenze gravi dell’infezione da Covid -19 basso o addirittura inesistente) si rivela fallace sotto duplice profilo: intanto, perché il dato che emerge dallo studio dell’andamento della pandemia è che, a differenza della versione originaria del virus, le attuali varianti colpiscono trasversalmente, tant’è vero che si sono potuti osservare casi di malattia grave e decessi in tutte le fasce di età, anche giovanili ed infantili.

In secondo luogo, perché anche i soggetti in età giovanile possono incorrere in infortuni, sinistri stradali, patologie di vario tipo (dalle cardiovascolari alle oncologiche) che necessitano assistenza e ricovero ospedaliero; ma l’abnorme pressione sulle strutture sanitarie indotta dai pazienti gravi da Covid-19, come noto, impatta in maniera drammatica sull’assistenza alla popolazione in generale.

Di guisa che risulta evidente come la vaccinazione, sostanzialmente, tuteli sia l’interesse dei singoli, sia l’interesse collettivo: quanto al secondo, risulta ovvio; quanto al primo, la vaccinazione comporta il duplice beneficio di prevenire forme gravi di infezione, che ormai interessano qualunque fascia di età, e diminuire la pressione sulle strutture sanitarie, ancora una volta a vantaggio di ciascun cittadino, le cui necessità assistenza sanitaria non possono essere adeguatamente soddisfatte in situazioni di costante emergenza.

Invero, tale concetto pare essere stato ben compreso e condiviso dalla popolazione, come comprova l’elevata adesione volontaria alla campagna vaccinale nella fase anteriore all’introduzione dei vari obblighi (anche, per quello che può rilevare, da parte dei componenti di questo Collegio).

Pertanto, ad avviso del Collegio, appare rispettato il primo degli indici di costituzionalità degli obblighi vaccinali (che il trattamento sia diretto a migliorare o a preservare lo stato di salute sia di chi vi è assoggettato, sia degli altri).

18. Il giudizio di non manifesta infondatezza: profili di criticità della vaccinazione obbligatoria per Covid-19 rispetto agli altri parametri di costituzionalità dei vaccini obbligatori, in particolare gli eventi avversi

Elementi di criticità appaiono emergere, invece, con riferimento agli altri parametri, con specifico riferimento alla problematica degli eventi avversi.

18.1. Occorre premettere che, in ordine a detto profilo, questa decisione deve necessariamente discostarsi (per ben precise motivazioni, come si vedrà) dal richiamato precedente costituito dalla decisione n. 1381/2022, che ha escluso la ricorrenza di profili di dubbio in ordine alla proporzionalità dell’obbligo vaccinale, richiamandosi (sub 6.7) alla pronuncia n. 7045/2021, ove si era precisato come non risultasse (e non fosse stato dimostrato in giudizio) che il rischio degli effetti avversi non rientrasse “nella media, tollerabile, degli eventi avversi già registrati per le vaccinazioni obbligatorie in uso da anni”.

Dunque, le richiamate pronunzie hanno fondato il proprio convincimento su dati che, però, sono stati recentemente (e successivamente al passaggio in decisione della sentenza n. 1381/2022, avvenuto nel gennaio 2022) revisionati, in quanto nel febbraio 2022 è stato pubblicato dall’AIFA il rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti Covid-19.

I dati che emergono dalla consultazione del rapporto (richiamato anche nella relazione istruttoria), e dal confronto tra lo stesso ed il rapporto vaccini 2020 (non citato nella richiamata relazione, ma facilmente visionabile dal medesimo sito web dell’AIFA), evidenziano, infatti, una situazione ben diversa.

Il Rapporto Vaccini 2020 descrive le attività di cd. vaccinovigilanza condotte in Italia dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e con il Gruppo di Lavoro per la vaccinovigilanza. Tali attività consistono nel monitoraggio e nella valutazione delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai vaccini.

Ebbene, dall’esame di tale rapporto si evidenzia che, rispetto al totale delle dosi totali somministrate in Italia di vaccini (sia obbligatori che raccomandati: Esavalenti , Tetravalente, Trivalente, Antipneumococcici, Anti-rotavirus , Antimeningococco, MPR-MPRV-V e Anti-papillomavirus), nel 2020 sono state inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza complessivamente 5.396 segnalazioni di sospetti eventi avversi a vaccini, pari a 17,9 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, delle quali solo 1,9 costituiscono segnalazioni gravi.

Invece, dall’esame del “Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19” (i cui dati essenziali vengono riportati nella relazione istruttoria, pagg. 13 e ss.) emerge che <complessivamente, durante il primo anno dell’attuale campagna vaccinale, sono state inserite, nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza, 117.920 segnalazioni di sospetto evento avverso, successivo alla vaccinazione, su un totale di 108.530.987 dosi di vaccino, con un tasso di segnalazione di 109 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, …….., (e) con un tasso di 17,6 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate>.

Come risulta evidente, non solo il numero di eventi avversi da vaccini anti SARS-COV-2 è superiore alla <media ….. degli eventi avversi già registrati per le vaccinazioni obbligatorie in uso da anni>, ma lo è di diversi ordini di grandezza (109 segnalazioni, a fronte di 17,9, e con un tasso di 17,6 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, a fronte di un tasso 1,9 segnalazioni gravi).

Le emergenze istruttorie suggeriscono, quindi, una rivisitazione degli orientamenti giurisprudenziali fin qui espressi sulla base di dati ormai superati.

18.2. La Corte ha, come sopra ricordato, ritenuto che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. a condizione, tra l’altro, che si preveda che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”.

Occorre, quindi, anzitutto chiedersi:

– se lo stato della raccolta di informazioni (connaturata, come sopra spiegato, alle caratteristiche della procedura di immissione in commercio mediante autorizzazione condizionata) sugli eventi avversi da vaccinazione anti-Covid-19 evidenzi o meno fenomeni che trasbordino la tollerabilità;

– in caso affermativo, se e quale rilevanza possa avere, ai fini dello scrutinio di costituzionalità, la percentuale di eventi avversi gravi/fatali;

– in caso di risposta tanto affermativa quanto negativa al primo interrogativo, attendibilità del sistema di raccolta dati in ordine agli effetti collaterali.

Tale ultima questione assume rilievo cruciale, specie per i farmaci sottoposti ad autorizzazione condizionata, per i quali, successivamente alla commercializzazione, prosegue il processo di valutazione (rinviandosi, al riguardo, per maggiori dettagli, ai chiarimenti acquisiti in sede istruttoria), suscettibile di essere inficiato tanto da un’erronea attribuzione alla vaccinazione di eventi e patologie alla stessa non collegati causalmente, quanto da una sottostima di eventi collaterali, specie gravi e fatali.

Tale evenienza comprometterebbe l’indagine volta a confrontare il farmaco la cui somministrazione è imposta legislativamente con il richiamato parametro costituzionale, sotto duplice profilo: sia perché renderebbe incerto l’accertamento circa la normale tollerabilità; sia perché, come sopra ricordato, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito come, nell’ipotesi in cui dalla vaccinazione consegua un danno, deve essere prevista la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, indennità che, quanto alla vaccinazione anti Covid-19 obbligatoria, rientrava già nel perimetro della l. n. 210/1992, ed è stata di recente estesa, dall’art. 20 del d.l. n. 4/2022, alla vaccinazione volontaria, ma il cui conseguimento, in concreto, potrebbe essere vanificato (o comunque ostacolato) dal mancato riconoscimento, da parte delle Autorità a ciò deputate, in esito al periodo osservazionale, di un effetto collaterale.

18.3. Si deve premettere che, come relazionato dall’Organo incaricato dell’istruttoria in riscontro a specifico quesito di questo Consiglio, l’attività della farmacovigilanza si propone di raccogliere informazioni di sicurezza sul campo, al fine di poter effettuare un costante e continuo aggiornamento del profilo beneficio-rischio dei singoli vaccini, mediante la rilevazione e comunicazione dei sospetti eventi avversi osservati dopo la vaccinazione (AEFI, Adverse Events Following Immunization) e di ogni altro problema inerente alle vaccinazioni (farmacovigilanza passiva) e sulla raccolta di informazioni attraverso opportuni studi indipendenti (farmacovigilanza attiva).

La relazione evidenzia come <le segnalazioni spontanee provengano sia da figure professionali del settore sanitario che da singoli cittadini e sono inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) dai Responsabili Locali di Farmacovigilanza (RLFV), i quali contribuiscono, insieme ai Centri Regionali (CRFV) e ad AIFA, al corretto funzionamento del sistema nazionale di farmacovigilanza. ….. Una segnalazione non implica necessariamente, né stabilisce in sé, un nesso di causalità tra vaccino ed evento, ma rappresenta un sospetto che richiede ulteriori approfondimenti, attraverso un processo definito appunto “analisi del segnale”. Partendo da un certo numero di segnalazioni, relative a un singolo evento e/o dal riscontro di una disproporzione statistica (cioè la coppia vaccino/reazione che si osserva più frequentemente per quel vaccino rispetto a tutti gli altri vaccini), i Responsabili locali di FV (RLFV) e i Centri Regionali di FV (CRFV) verificano, quotidianamente, la completezza di tutte le informazioni (come ad esempio le date di vaccinazione e il tempo di insorgenza dei sintomi fondamentali).

In riferimento ai casi definiti gravi, il CRFV identifica il nesso di causalità attraverso l’algoritmo dell’OMS, che permette di valutare la probabilità dell’associazione evento/vaccino. Occorre evidenziare che quanto più elevato è il numero delle segnalazioni di sospetto AEFI, tanto maggiore è la probabilità di riuscire a osservare un evento avverso realmente causato da un vaccino, soprattutto se si tratta di un evento raro. Qualora da questo insieme di attività scaturisca l’ipotesi di una potenziale associazione causale fra un evento nuovo e un vaccino, o emergano informazioni aggiuntive su un evento avverso noto, si genera un segnale di sicurezza che richiede un’ulteriore attenta azione di verifica sulla base delle informazioni disponibili (signal management).

………. all’esito dell’identificazione iniziale, ogni segnale viene valutato e discusso a livello europeo dal Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), costituito da rappresentanti di tutti gli stati membri dell’EU/EEA, oltre che da sei esperti in diversi campi, nominati dalla Commissione Europea e da rappresentanti delle professioni sanitarie e delle associazioni dei pazienti.

Con specifico riguardo, invece, agli studi di farmacovigilanza attiva, ……… questi ultimi si basano sulla stimolazione o sulla raccolta sistematica delle segnalazioni di eventi avversi nel corso di studi osservazionali, spesso condotti in ambienti specifici (p. es. ospedali) o limitatamente a specifiche problematiche di sicurezza o sull’analisi di specifici database (archivi amministrativi, registri farmaco o paziente). Gli eventi raccolti prospetticamente nell’ambito di tali studi vengono, comunque, inseriti nella RNF e contribuiscono alla valutazione dei segnali. L’obiettivo della farmacovigilanza attiva è, dunque, quello di incrementare le segnalazioni e, tramite studi ad hoc, quantificare eventuali rischi emersi dalla farmacovigilanza passiva.

…….. Le segnalazioni raccolte nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza …… sono trasferite quotidianamente in EudraVigilance (il database di farmacovigilanza dell’EMA), tramite il quale, successivamente, transitano anche in VigiBase (database di farmacovigilanza del Centro di Monitoraggio Internazionale dei Farmaci di Uppsala dell’OMS).

Attraverso il surriferito sistema di condivisione europeo e globale, le segnalazioni di reazioni avverse italiane sono, quindi, valutate in un più ampio contesto internazionale. Invero, appare agevole osservare come la discussione condivisa che ne scaturisce e la disponibilità di dati provenienti da tutta Europa, a livello globale, consentono di poter verificare il rischio potenziale su un numero di casi decisamente più elevato rispetto a quelli disponibili nei singoli database nazionali.

Lo scopo della vaccinovigilanza, a livello nazionale, europeo e globale, è, pertanto, quello di monitorare la sicurezza del vaccino nel suo contesto reale di utilizzo, al fine di raccogliere ogni eventuale nuova informazione e mettere in atto delle misure per la minimizzazione del rischio a livello individuale e collettivo. Tali attività, che sono routinariamente condotte per tutti i prodotti medicinali, sono state intensificate nel contesto pandemico in riferimento ai vaccini anti-COVID-19, così come ai farmaci necessari al contenimento della malattia>.

18.4. Tanto premesso, la raccolta dei dati che emergono dalla consultazione della banca dati europea (EudraVigilance, facilmente accessibile attraverso il sito AIFA) permette di rilevare che a fine gennaio 2022 risultavano somministrati in ambito EU/EEA 570 milioni di dosi (ciclo completo e booster) del vaccino Cominarty (BioNTech and Pfizer), in relazione al quale esultano acquisite 582.074 segnalazioni di eventi avversi, dei quali 7.023 con esito fatale; quanto al vaccino Vaxzevria (AstraZeneca), a fronte di 69 milioni di dosi si registravano 244.603 segnalazioni di eventi avversi, dei quali 1447 con esito fatale; quanto al vaccino Spikevax (Moderna), a fronte di 139 milioni di dosi risultavano segnalati 150.807 eventi avversi, dei quali 834 con esito fatale; quanto al Covid-19 Vaccine Janssen, a fronte di 19 milioni di dosi risultavano 40.766 segnalazioni, delle quali 279 con esito fatale.

Indubbiamente, la maggior parte degli effetti collaterali, elencati nel data base, evidenziano sintomi modesti e transitori; gli eventi avversi più seri comprendono disordini e patologie a carico dei sistemi circolatorio (tra cui trombosi, ischemie, trombocitopenie immuni), linfatico, cardiovascolare (incluse miocarditi), endocrino, del sistema immunitario, dei tessuti connettivo e muscolo-scheletrico, del sistema nervoso, renale, respiratorio; neoplasie.

Nel novero di tale elencazione rientrano, evidentemente, anche patologie gravi, tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l’invalidità o, nei casi più sfortunati, il decesso.

È, quindi, da dubitarsi che farmaci a carico dei quali si stiano raccogliendo segnalazioni su tali effetti collaterali soddisfino il parametro costituzionale sopra richiamato.

Vero è che le reazioni gravi costituiscono una minima parte degli eventi avversi complessivamente segnalati; ma il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio non pare lasciare spazio ad una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’imposizione di obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità, il che non pare lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali, purché pochi in rapporto alla popolazione vaccinata, criterio che, oltretutto, implicherebbe delicati profili etici (ad esempio, a chi spetti individuare la percentuale di cittadini “sacrificabili”).

Pare, quindi, che, non potendosi, in generale, mai escludere la possibilità di reazioni avverse a qualunque tipologia di farmaco, il discrimen, alla stregua dei criteri rinvenibili dalla richiamata giurisprudenza costituzionale, vada ravvisato nelle ipotesi del caso fortuito e imprevedibilità della reazione individuale.

Ma nel caso in questione, l’esame dei dati pubblicati nel sito EudraVigilance disaggregati per Stato segnalatore evidenzia una certa omogeneità nella tipologia di eventi avversi segnalati dai vari Paesi (in disparte il maggiore o minore afflusso di dati, evidenziato dai Consulenti della parte appellante), il che lascia poco spazio all’opzione caso fortuito/reazione imprevedibile.

In tale condizione, vi è da dubitarsi della coerenza dell’attuale piano vaccinale obbligatorio con i principi affermati dalla Corte, in riferimento, va sottolineato, a situazioni per così dire ordinarie, non ravvisandosi precedenti riferiti a situazioni emergenziali ingenerate da una grave pandemia.

18.5. Sia la parte appellante che lo stesso Organo incaricato della verificazione si sono ampiamente soffermati sui limiti del sistema di monitoraggio, pervenendo a conclusioni opposte, in quanto la prima argomenta circa la sottostima degli eventi avversi, il secondo precisa che gli eventi temporalmente associati alla vaccinazione non sono necessariamente alla stessa causalmente collegati, motivo per cui devono essere approfonditi nell’ambito delle valutazioni periodiche di sicurezza.

Viene introdotto un tema oggettivamente importante, quello dell’adeguatezza dei sistemi di monitoraggio dei vaccini anti-Covid-19 al fine di individuare la connessione tra la vaccinazione e gli eventi sfavorevoli che colpiscono la popolazione vaccinata nell’ambito di un piano vaccinale “di massa”.

Ora, all’interno di un determinato intervallo temporale, una percentuale di popolazione è destinata ad incorrere in eventi gravi/fatali (infarto, ictus, cancro e quant’altro).

Qualora in tale arco di tempo intervenga una vaccinazione, la stessa percentuale di soggetti incorrerà nei medesimi eventi, indipendentemente dalla somministrazione del farmaco.

Motivo per cui il sistema di farmacovigilanza passiva (che, come rimarcato nella relazione istruttoria, consente sia a figure professionali del settore sanitario che a singoli cittadini di trasmettere segnalazioni spontanee) espone al rischio dell’inquinamento dei dati da eventuali segnalazioni di effetti collaterali erroneamente attribuiti al vaccino.

Per tale ragione la mole di dati inoltrati deve costituire oggetto ulteriori studi.

Specularmente, è indubbio che detto sistema presenti il rischio di un deficit di attendibilità anche in senso opposto.

Limitandosi alle informazioni desumibili dalla relazione istruttoria e dalla lettura dei report vaccinali recentemente pubblicati, si evince che il flusso dei dati trasmessi viene intercettato dai responsabili locali e dei centri regionali di farmacovigilanza, i quali effettuano diverse scremature, sia in ordine alla completezza delle informazioni inserite nel modulo di segnalazione, sia in merito alla ricerca del nesso di causalità attraverso l’algoritmo dell’OMS, impostato al fine di valutare la probabilità dell’associazione evento/vaccino. Per quello che emerge dalla lettura della relazione istruttoria e dei report vaccinali, un profilo di criticità discende dalla richiesta connessione temporale tra la vaccinazione e la manifestazione dell’evento avverso, congiuntamente alla circostanza che gli operatori sanitari sono tenuti, in base all’art. 22 del decreto del Ministero della salute del 30 aprile 2015, a segnalare tempestivamente “sospette reazioni avverse” dai medicinali di cui vengano a conoscenza nell’ambito della propria attività.

Ma nell’ipotesi di farmaci sottoposti ad autorizzazione condizionata, il profilo di rischio a medio e lungo termine deve emergere proprio dallo studio di fenomeni avversi che possono anche intervenire a distanza di tempo dalla somministrazione del farmaco (collocandosi, quindi, fuori dalla finestra temporale di riferimento tra somministrazione del vaccino e sospetta reazione su cui è impostato l’algoritmo) ed essere imprevisti o inconsueti rispetto gli eventi avversi conosciuti e attesi, e quindi suscettibili di essere scartati dagli operatori sanitari perché erroneamente non ritenuti “sospetti”.

Senza contare che, come confermato dalla lettura della relazione istruttoria, nell’ambito del presente piano vaccinale, non essendovi alcun obbligo di presentare in sede vaccinale una relazione da parte del medico di famiglia, i cittadini possono decidere autonomamente di sottoporsi alla vaccinazione (in hubs vaccinali, farmacie etc.), senza alcuna previa consultazione con il medico di base, il quale può anche non venire a conoscenza del fatto che un proprio paziente si è vaccinato (vero è che l’eseguita vaccinazione viene registrata presso l’anagrafe vaccinale, ma non è verosimile che i medici di medicina generale controllino giornalmente e di propria iniziativa il data base per verificare se e quali tra le migliaia di loro assistiti si siano sottoposti a vaccinazione).

Né possono riporsi eccessive aspettative sulle segnalazioni spontanee dei cittadini, vuoi per l’eterogeneità della popolazione (non tutti, per variegate età e condizioni socio economiche, hanno la dimestichezza con gli strumenti informatici e le procedure burocratiche necessaria per compilare ed inoltrare un modulo di segnalazione eventi avversi completo di tutti i dati richiesti), vuoi perché il cittadino colpito da una patologia grave (per non parlare di quello deceduto) verosimilmente avrà altre preoccupazioni che non inoltrare la segnalazione.

In tali condizioni, rischiano di andare perdute informazioni cruciali per la rilevazione degli eventi avversi e, conseguentemente, per una corretta ed esaustiva profilazione del rapporto rischi-benefici dei singoli vaccini.

Tale limite, ovviamente, è connaturato a tale metodologia di rilevazione che è adottata nella generalità dei paesi, ma che per la tipologia dei farmaci in questione presenta evidenti criticità.

D’altra parte, è lo stesso report sui vaccini Covid-19, recentemente pubblicato dall’AIFA, a segnalare (a proposito della farmacovigilanza passiva) che <la sottosegnalazione …… è infatti un limite intrinseco alla stessa natura della segnalazione, ben noto e ampiamente studiato anche nella letteratura scientifica internazionale, che ha alcuni suoi specifici determinanti nella scarsa sensibilità alla segnalazione di sospette reazioni avverse da parte di operatori sanitari e non e nell’accessibilità dei sistemi di segnalazione>.

Lo stesso utilizzo dell’algoritmo, che espunge la segnalazione di eventi distanti, nel tempo, rispetto alla data della vaccinazione, non pare coerente con le esigenze di studio dei profili di rischio a medio lungo termine dei farmaci sottoposti ad approvazione condizionata.

La metodologia di monitoraggio mediante farmacovigilanza attiva, che integra la farmacovigilanza passiva, consente, invece, di sottoporre ad osservazione per così dire asettica un campione di popolazione, della quale vengono raccolti, nel tempo, tutti i dati relativi allo stato di salute successivi all’assunzione del farmaco, e ,consentendo di acquisire i dati di molte persone vaccinate e confrontarli con quelli che ci si aspetterebbe in quella fascia d’età solo per effetto del caso, consente di evidenziare eventi avversi non attesi potenzialmente gravi e biologicamente plausibili.

La raccolta generale delle informazioni sullo stato di salute delle persone nel tempo, non inquinata dal pregiudizio dell’effetto atteso (vuoi per la ricorrenza statistica di un determinato effetto collaterale, vuoi per la connessione temporale rispetto alla vaccinazione), che può indurre i medici a trascurare la segnalazione di stati patologici che, per proprio convincimento, allo stato delle proprie conoscenze, si ritengono non connessi all’assunzione del farmaco, ed il valutatore all’espulsione di eventi segnalati ma erroneamente ritenuti non pertinenti, consente quel progresso nello studio post vaccinale cruciale ai fini di un’efficace valutazione del profilo di rischio del farmaco, che potrebbe anche modificarsi nel tempo, inducendo ad abbandonare alcuni vaccini a vantaggio di altri, come del resto avvenuto in Italia allorquando, a fronte di alcuni casi di eventi fatali sospetti, è stata prudentemente sospesa la somministrazione del vaccino AstraZeneca.

Parte appellante, attraverso le consulenze di parte depositate, si è particolarmente diffusa sull’argomento della sottostima delle segnalazioni, anche alla stregua della nota AIFA del 9 febbraio 2021.

Tale documento, prodotto in giudizio, non è stato contestato dalla Difesa Erariale, sebbene debba rilevarsi che l’AIFA non è parte del giudizio; ma, allo stato, non sembrano sussistere ragioni per dubitare dell’autenticità dello stesso.

L’appellante ritiene che con tale nota si sia inteso scoraggiare l’inoltro di segnalazioni relative ad eventi avversi, ma il Collegio non condivide tale prospettazione.

La nota, richiamando precedenti comunicazioni, è rivolta a fornire precisazioni sulla gestione delle segnalazioni di sospette reazioni avverse conseguenti l’utilizzo dei vaccini all’interno della rete nazionale di farmacovigilanza, e, tra l’altro, reca la seguente indicazione:

<come da precedente nota…… si raccomanda di ricondurre l’operatività delle singole strutture regionali alla gestione delle segnalazioni di sospette reazioni avverse all’interno della RNF e all’adozione degli strumenti resi disponibili da AIFA, seguendo il normale flusso di segnalazione e le tempistiche previste dalla normativa vigente con l’invito a ridurle quanto più possibile, in modo da non generare allarmi ingiustificati o ritardi nelle valutazioni condotte a livello europeo>.

Ad avviso del collegio, l’invito “a ridurle” è riferito (già da un punto di vista strettamente grammaticale) alle tempistiche; tale conclusione è avvalorata dalla lettura delle precedenti note, rinvenibili sul sito web dell’AIFA, come la n. 0148253-30/12/2020, ove (più chiaramente) viene indicato che < considerata l’attuale situazione pandemica, si raccomanda di ridurre quanto più possibile il tempo necessario per la registrazione in RNF delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai vaccini COVID-19>; o la 0012518-03/02/2021, nella quale, premesso che alcune strutture avevano adottato la prassi di utilizzare moduli cartacei o digitali diversi da quelli approvati per la segnalazione degli eventi avversi, viene rilevato che tali segnalazioni potrebbero confluire all’interno della rete nazionale in ritardo o in modo irregolare, ”determinando cluster di reazioni avverse facilmente equivocabili”.

La lettura coordinata delle precedenti comunicazioni, pertanto, induce ad interpretare la nota in questione in senso diverso da quello prospettato dall’appellante.

Il problema, pertanto, va ricondotto alla circostanza che, in presenza di farmaci soggetti a monitoraggio aggiuntivo in relazione all’autorizzazione condizionata, gli studi di vigilanza attiva consentono di avere un quadro più completo di eventuali effetti collaterali importanti ed eventi infausti.

Va precisato che, nell’ambito della relazione istruttoria, viene fatto sintetico riferimento ad alcuni studi di farmacovigilanza attiva; maggiori informazioni si ritraggono dalla lettura del citato rapporto annuale sui vaccini Covd-19, ove viene dato conto più in dettaglio di alcuni studi di farmacoepidemiologia in corso.

Sembra, quindi, che tale attività sia in una fase di implementazione, sebbene non si ritraggano particolari precisi circa l’estensione del monitoraggio e soprattutto circa la sottoposizione dei dati ad organismi composti da soggetti competenti e del tutto indipendenti che si riuniscano con la opportuna periodicità.

Venendo alla questione, sollevata da parte ricorrente, relativa ad alcune statistiche di altri Paesi circa un supposto aumento di decessi successivamente all’avvio della campagna vaccinale, la relazione istruttoria offre, alle pagine 14-15, una diversa lettura di detti dati, sottolineando l’anomalo decremento di decessi registrato nel corso del 2020 a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Anche in questo caso, adeguati studi di farmacovigilanza attiva risulterebbero idonei al fine di monitorare detti fenomeni, consentendo di osservare l’andamento della mortalità, suddiviso per fasce di età, in un periodo di tempo sufficientemente ampio (quinquennio o decennio) da sterilizzare fenomeni contingenti quali elevata mortalità, per alcune fasce di età, dovuta alle infezioni da Covid-19 nel corso dell’anno 2020, e, specularmente, il decremento dei decessi in fasce giovanili, intuitivamente ascrivibile al lungo periodo di confinamento (lockdown) nel medesimo arco di tempo.

Già i dati ricavabili dalle tavole di mortalità (le tabelle statistiche elaborate dall’ISTAT per individuare le probabilità di morte e di sopravvivenza della popolazione, che indicano per ogni età il numero dei viventi, dei morti, la frequenza di morte, la vita media, e vengono usualmente utilizzate per calcolare la componente demografica dei premi assicurativi) consentirebbero di accertare se sussista, effettivamente, o meno, una variazione statisticamente significativa, territoriale e per fascia di età, nella mortalità che possa essere posta in correlazione temporale con l’andamento delle vaccinazioni.

In tal senso, si veda il provvedimento della Corte costituzionale austriaca emesso il 26 gennaio 2022 con il quale sono stati sottoposti al Ministero federale per la società, la salute, la cura e la tutela dei consumatori una serie di quesiti relativi (oltre all’acquisizione dei dati relativi alle persone ospedalizzate e decedute “a causa” oppure “con” il Covid-19; alla percentuale di incidenza delle vaccinazioni sul rischio di ospedalizzazione e decesso nonché alla efficacia di protezione dei vaccini dal contagio, ripartiti per fasce di età; anche) alla verifica dell’esistenza dell’eccesso di mortalità denunciato dai media locali e, se non legato al virus, come possa spiegarsi.

In conclusione, permane il dubbio circa l’adeguatezza del sistema di monitoraggio fin qui posto in essere, pur dovendosi dare atto che, come si evince dalla lettura del rapporto annuale, risultano ora avviati alcuni studi di farmacovigilanza attiva.

18.6. Ulteriori profili di criticità: la inadeguatezza del triage pre-vaccinale

Ulteriori profili di criticità emergono dalla circostanza che, come emerso dalle risultanze dell’istruttoria, non è prevista, fini della sottoposizione a vaccino, una relazione del medico di base, il quale normalmente ha un’approfondita conoscenza dei propri assistiti. Il triage pre-vaccinale viene, quindi, demandato al personale sanitario che esegue la vaccinazione, che a sua volta deve affidarsi alle (inevitabilmente variabili) capacità del soggetto avviato a vaccinazione di rappresentare (nella ristretta tempistica a ciò destinata) fatti e circostanze rilevanti circa le proprie condizioni generali e lo stato di salute.

Oltretutto, come confermato dall’Organo incaricato dell’istruttoria, non vengono richiesti esami di laboratorio, quali accertamenti diagnostici da eseguire prima della vaccinazione, o test, inclusi quelli di carattere genetico, nonostante le risultanze confluite nel rapporto annuale sui vaccini nonché emergenti dal data base europeo abbiano evidenziato alcuni effetti collaterali gravi come miocarditi e pericarditi (correlabili prevalentemente ai vaccini a base di RNA) ed eventi tromboembolici (più frequenti nei vaccini con vettore virale), che potrebbero essere scongiurati esentando dalla vaccinazione, o sottoponendo preventivamente ad idonea terapia farmacologica, soggetti che evidenzino specifici profili di rischio (come trombofilie ereditarie).

Appare particolarmente critica la circostanza che non è previsto, prima della somministrazione del vaccino, nemmeno un tampone Covid, che potrebbe evidenziare una condizione di infezione in atto, che evidentemente sconsiglia la somministrazione del vaccino, avuto riguardo al rischio di reazione anomala del sistema immunitario, su cui hanno ampiamente argomentato gli studiosi incaricati delle consulenze di parte dell’appellante.

Vero è che in una situazione di vaccinazione di massa risulta oltremodo arduo, e difficilmente sostenibile finanziariamente, uno screening anch’esso di massa; ma un recupero della funzione di filtro dei medici di base, i quali possano, secondo scienza e conoscenza (anche delle situazioni individuali specifiche) prescrivere, o quantomeno suggerire o raccomandare, accertamenti pre-vaccinali, potrebbe verosimilmente abbassare il livello di rischio (per quanto statisticamente contenuto) che il trattamento farmacologico inevitabilmente comporta e, indirettamente, contribuire al superamento del fenomeno di cd. esitazione vaccinale.

Nell’ambito di tale questione rientra la problematica sollevata dal ricorrente, in relazione alla propria pregressa (e ormai datata) infezione da Covid-19, oggetto di specifico approfondimento nella relazione istruttoria, ove, dopo ampia disamina delle problematiche che solleva il caso dei soggetti già contagiati, si specifica che attualmente non è noto il livello anticorpale necessario per proteggere l’individuo dall’infezione o reinfezione da SARS-COV-2, di guisa che non appare utile misurare il titolo anticorpale, ai fini della definizione del rischio individuale, considerato che, comunque, decorso un certo arco di tempo, la vaccinazione di soggetti che abbiano subito una pregressa infezione non comporterebbe rischi aggiuntivi, anzi, la combinazione di vaccinazione ed infezione, indipendentemente dall’ordine in cui avvengano, secondo recenti studi fornisce un elevato grado di protezione immunitaria contro il virus e le sue potenziali varianti.

Tale impostazione è stata ampiamente contestata dall’appellante attraverso le consulenze tecniche prodotte in giudizio.

Il Collegio osserva che, sebbene la tesi del ricorrente sembrerebbe supportata da alcuni studi, i quali avrebbero ipotizzato che, al di là della mera conta degli anticorpi specifici, che tendono a ridursi nel tempo, i linfociti T potrebbero dare una lunga protezione a chi ha contratto il Covid-19, in quanto un tipo di cellule immunitarie nel midollo osseo di pazienti guariti dal virus produrrebbe anticorpi di lunga durata, capaci di fornire un’immunità “straordinariamente duratura” (Turner, J.S., Kim, W., Kalaidina, E., et al., SARS-COV-2 infection induces long-lived bone marrow plasma cells in human, Nature 595,421-425, 2021, reperibile in https://www.nature.com/articles/s41586-021-03647-4), per converso si sta osservando come i casi di reinfezione a carico di soggetti precedentemente guariti siano sempre più comuni e numerosi, forse perché le varianti attualmente in circolazione producono una risposta anticorpale più leggera e di breve durata.

Per tale ragione lo specifico caso dell’appellante non è stato ritenuto dal Collegio risolvibile sulla base della condizione individuale di soggetto precedentemente contagiato e nemmeno di soggetto esentabile, secondo quanto previsto negli atti applicativi della normativa fin qui richiamata, fondamentalmente la circolare del Ministero della salute n. 0035309 del 4 agosto 2021 (che, peraltro, prevede un numero piuttosto esiguo – correlato solo ad alcuni degli effetti collaterali dei vaccini ritraibili dai data base ufficiali- di specifiche condizioni cliniche documentate, al ricorrere delle quali possano essere rilasciate certificazioni di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-COV-2), dato che le successive attengono ad aspetti di dettaglio ed il più recente d.P.C.M. 4 febbraio 2022 reca le specifiche tecniche delle certificazioni.

18.7. Ulteriori profili di criticità: il consenso informato

Ulteriori profili di criticità emergono dalla normativa in ordine al consenso informato, richiamata nelle premesse, in considerazione del fatto che non viene espressamente esclusa la raccolta del consenso anche nell’ipotesi di somministrazione di un trattamento sanitario obbligatorio.

Come confermato in sede istruttoria, in conformità alla normativa in questione, al momento dell’anamnesi pre-vaccinale viene raccolto il consenso informato.

L’Organismo incaricato dell’istruttoria sottolinea che, nel caso di vaccinazione obbligatoria, il consenso andrebbe inteso quale presa visione da parte del cittadino delle informazioni fornite.

Ma tale interpretazione non può essere condivisa, in quanto, da un punto di vista letterale, logico e giuridico, il consenso viene espresso a valle di una libera autodeterminazione volitiva, inconciliabile con l’adempimento di un obbligo previsto dalla legge.

Risulta, evidentemente, irrazionale la richiesta di sottoscrizione di tale manifestazione di volontà all’atto della sottoposizione ad una vaccinazione indispensabile ai fini dell’esplicazione di un diritto costituzionalmente tutelato quale il diritto al lavoro; e poiché tale determinazione deriva dalla circostanza che la legge, nell’aver introdotto e disciplinato il consenso informato, non ha dettato un’apposita clausola di salvaguardia nell’ipotesi trattamento farmacologico obbligatorio, se ne evince l’intrinseca irrazionalità del dettato normativo.

Né è possibile addivenire alla lettura proposta dall’Amministrazione, come conferma anche il confronto con le disposizioni impartite dal Ministero della salute con la circolare 16 agosto 2017, contenente le prime indicazioni operative per l’attuazione del d.l. n. 73 del 7 giugno 2017, convertito con modificazioni dalla l. 31 luglio 2017, n. 119, ove, correttamente, si precisava:

<Le buone pratiche vaccinali prevedono che i genitori/tutori/affidatari siano informati sui benefici e sui rischi della vaccinazione e che, alla fine di questo colloquio, venga consegnato un modulo in cui si attesta che è stato eseguito questo passaggio. Questo modello informativo, in presenza di una vaccinazione raccomandata, ha assunto una valenza di consenso informato, ovvero di scelta consapevole a una vaccinazione raccomandata. Alla luce del decreto legge in epigrafe, si precisa che il modulo di consenso informato dovrebbe essere limitato alle sole vaccinazioni raccomandate; per le vaccinazioni obbligatorie verrà consegnato esclusivamente un modulo informativo>.

19. L’incidente di costituzionalità

Alla luce della ricostruzione fattuale, normativa e giurisprudenziale di cui ai paragrafi che precedono,

a) ricordato che le condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale si sostanziano nella non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica, ed in particolare che:

– il trattamento <non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato>, ferma restando la tollerabilità di effetti collaterali di modeste entità e durata;

– sia assicurata <la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (…), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>;

– la discrezionalità del legislatore sia esercitata alla luce <delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica> e quindi che la scelta vaccinale possa essere rivalutata e riconsiderata, nella prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario (sentenza n. 5/2018);

b) ritenuto che:

b.1) seguendo gli indici costituzionali fin qui richiamati, deve ritenersi essenziale, per un verso, che il monitoraggio degli eventi avversi, la raccolta e la valutazione dei dati risultino il più possibile ampi e completi, che avvengano (o siano almeno validati) da parte di organismi indipendenti, ciò che costituisce presupposto essenziale per la stessa verifica dell’ampiezza degli effetti collaterali; per altro verso, che il cittadino riceva informazioni complete e corrette che siano facilmente e liberamente accessibili; e, ancora, che, nel trattamento sanitario obbligatorio, sia rispettato il limite invalicabile imposto “dal rispetto della persona umana” (art. 32, comma 2, Cost.);

b.2) per tutte le ragioni sopra diffusamente esposte, (in disparte la controversa adeguatezza del sistema di monitoraggio, prevalentemente imperniato alla farmacovigilanza passiva) che i parametri costituzionali per valutare la legittimità dell’obbligo vaccinale, come fissati dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, non sembrano rispettati, in quanto non vi è prova di vantaggio certo per la salute individuale e collettiva superiore al danno per i singoli, non vi è prova di totale assenza di rischio o di rischio entro un normale margine di tollerabilità, e non vi è prova che –in carenza di efficacia durevole del vaccino- un numero indeterminato di dosi, peraltro ravvicinate nel tempo, non amplifichi gli effetti collaterali dei farmaci, danneggiando la salute; non sono state adottate “misure di mitigazione” e “misure di precauzione” ad accompagnamento dell’obbligo vaccinale, quali adeguati accertamenti in fase di triage pre-vaccinale, e adeguata farmacovigilanza post vaccinazione, con il rischio che in nome della vaccinazione di massa risulti sbiadita la considerazione della singola persona umana, che andrebbe invece sostenuta e rassicurata, tanto più quanto riluttante alla vaccinazione, con approfondite anamnesi e informazioni, con costi a carico del Servizio sanitario nazionale;

b.3) non pare possibile pervenire ad una lettura alternativa, costituzionalmente orientata, della normativa di cui infra;

b.4) l’attuale previsione dell’obbligo vaccinale anti SARS-COV-2 presenta profili di criticità, con riferimento alla percentuale di eventi avversi e fatali (ben superiore alla media degli altri vaccini, obbligatori e non), che peraltro allo stato non sembrano oggetto di prevenzione (attraverso un sistematico coinvolgimento dei medici di base e l’esecuzione di test diagnostici pre-vaccinali);

b.5) il sistema di raccolta del consenso informato risulta irrazionale laddove richieda una manifestazione di volontà per la quale non vi è spazio in capo a chi subisce la compressione del diritto all’autodeterminazione sanitaria, a fronte di un dovere giuridico ineludibile;

b.6) il complesso normativo sopra descritto si pone in tensione, per tutte le motivazioni sopra articolate, con i seguenti articoli della Costituzione: 3 (sotto i parametri di razionalità e proporzionalità); 32 (avuto riguardo alla compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria in relazione a trattamenti farmacologici suscettibili di ingenerare effetti avversi non lievi né transitori); 97 (buon andamento, anche in relazione alle criticità del sistema di monitoraggio); 4 (diritto al lavoro), nonché art. 33 e 34 (diritto allo studio), oggetto di compressione in quanto condizionati alla sottoposizione alla vaccinazione obbligatoria; 21 (diritto alla libera manifestazione del pensiero, che ricomprende il diritto ad esprimere il proprio dissenso), in relazione all’obbligo di sottoscrizione del consenso informato per poter accedere ad un trattamento sanitario imposto; oltre che con il principio di proporzionalità e con il principio di precauzione desumibili dall’art. 32 Cost. (avuto riguardo alle più volte rilevate criticità del sistema di monitoraggio, nonché all’assenza di adeguate misure di attenuazione del rischio quali analisi e test pre-vaccinali e controlli post vaccinazione);

b.7) appare carente un adeguato bilanciamento tra valori tutti di rilievo costituzionale, e in particolare tra tutela della salute da una parte, e tutela dello studio e del lavoro dall’altra, che soddisfano parimenti bisogni primari del cittadino;

b.8) ritenute conclusivamente le questioni rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione alle condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale sopra indicate, ossia non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica,

il CGARS, ai sensi dell’art. 23 comma 2 l. 11 marzo 1953 n. 87, ritenendole rilevanti e non manifestamente infondate, solleva la questione di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione, sotto il profilo che il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;

b) dell’art.1 della l. 217/2019, nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell’art. 4, del d.l. n. 44/2021, nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione.

Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 e 80 c.p.a. e 295 c.p.c., con trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale.

Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese, in relazione all’incidente cautelare pendente, è riservata alla decisione definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

– visto l’art. 23 l. 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione, sotto il profilo che il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;

b) dell’art.1 della l. 217/2019, nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell’art. 4, del d.l. n. 44/2021, nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione;

– sospende il presente giudizio ai sensi dell’art. 79 comma 1 c.p.a.;

– dispone, a cura della Segreteria del C.G.A.R.S., l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

– rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all’esito del giudizio incidentale promosso con la presente ordinanza.

Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del C.G.A.R.S., a tutte le parti in causa, e che sia comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’art. 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’art. 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle SOLE GENERALITÀ dell’appellante e degli intervenienti (ad eccezione di ANIEF).

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Marco Buricelli, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Giovanni Ardizzone, Consigliere

Antonino Caleca, Consigliere

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Maria Stella Boscarino   Rosanna De Nictolis
     
     
     

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.